Shame, come tutti i film di qualità, non ha avuto il successo che meritava; forse è un bene forse è male, o forse entrambi. Il film narra la storia di un uomo sesso dipendente la cui vita si intreccia con quella della sorella, cantante da jazz bar dal discreto successo, ma con una faragile mente. Il film è ben fatto. La rappresentazione nel grande schermo ottima. L’interpretazione più che buona. Non è facile raccontare e, soprattutto, rappresentare la storia di un uomo “malato di sesso”. Molti snobbano l’argomento perchè schiacciati da pregiudizi infondati, svalutando -inoltre- una caratteristica ed una esigenza umana (e non solo) fondamentale: il sesso. Allora, forse, il film da un certo punto di vista, per quelli che fanno critiche insulse, ha funzionato; ma meglio lasciar perdere, il discorso si fa antropologicamente contorto e complesso.
Il regista, sicuramente esigente, è riuscito a ottenere oltre ad una buona interpretazione degli attori nei loro ruoli, una buona fotografia. Una fotografia che “studia” il momento, nel senso che -a mio riguardo- riesce a rendere di gran lunga più intensa la scena rappresentata, alzando così il livello enunciazionale. Tutti i livelli del linguaggio cinematografico sono ben studiati e riusciti in Shame. Quindi: vergona per chi giudica a sproposito o senza sapere.
voto: 9